venerdì 23 ottobre 2009

IL NARCISISMO DELLE DONNE



Tale patologia è caratteristica della nostra epoca. I costumi sessuali che paiono essere di gran lunga più liberi, la facilità nel passare da un partner all'altro, l'esibizionismo, la pornografia, la smania di costruirsi un'immagine vincente agli occhi del mondo, tutti questi fattori hanno certamente contribuito allo sviluppo incalzante delle personalità narcisistiche.
Sicuramente è questa eccessiva importanza legata all'immagine un indizio inequivocabile della tendenza al narcisismo e di ciò soffrono soprattutto le donne, per le quali l'immagine di sè è considerata più importante del sè reale. Ed ecco quindi la corsa alla chirurgia estetica, i massaggi, le palestre, i vari make up per valorizzare parti del corpo, l'importanza data ad un abbigliamento ricercato. Tutto questo volto principalmente ad attirare il maschio, ma anche a dimostrare la propria superiorità nei confronti delle altre donne, con le quali si stabilisce un rapporto di rivalità, anzichè di complicità.
C'è da dire comunque che , anche se lo stato narcisistico appartiene principalmente alle donne,oggi, nella cultura dell'immagine, anche molti uomini non ne sono esenti.
I narcisisti dimostrano una mancanza d'interesse per gli altri, ma sono altrettanto indifferenti anche ai propri più veri bisogni. Spesso il loro comportamento è autodistruttivo. Inoltre, quando parliamo dell'amore dei narcisisti per se stessi, dobbiamo operare una distinzione: il narcisismo denota un investimento nell'immagine invece che nel sé. I narcisisti amano la propria immagine non il loro sé reale. Hanno un senso di sé debole, e non è in base ad esso che orientano le loro emozioni. Ciò che fanno è piuttosto diretto ad incrementare l'immagine, spesso a discapito del sé.
D'altra parte l'ammirazione che il narcisista riceve gonfia soltanto il suo io e non fa nulla per il sé. Alla fine allora il narcisista respingerà gli ammiratori nello stesso modo in cui ha respinto il proprio sé autentico.

lunedì 12 ottobre 2009

LIBERTA' DI STAMPA?

A proposito del dibattito ,con connesse manifestazioni, sulla tutela della libertà di stampa, leggo solo ora un articolo chiarificatore di quella che è la situazione dell'informazione in Italia sul blog PIOVONO RANE di Alessandro Giglioli, che ripropongo pensando possa essere utile per chiarirsi le idee:

"C’è la libertà di stampa in Italia?Certo, è garantita dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato. E in Italia chiunque può fare un giornale d’opposizione - ne sta anche nascendo uno nuovo - e se non ne ha i mezzi economici può aprire un sito o un blog e scrivere quello che gli pare.
E allora dov’è il problema?Per capirlo bisogna prima di tutto rovesciare il cannocchiale e capire che il problema di fondo non è la libertà di manifestare con ogni mezzo le proprie idee: il problema è la pluralità delle fonti a cui i cittadini attingono abitualmente le informazioni e le opinioni da cui poi si fanno un’opinione propria.

Che cosa significa?

Significa che non bisogna vedere la cosa dal punto di vista dell’emissione delle notizie ma da quello della ricezione. Come s’informano gli italiani? A quali media attingono contezza dei fatti e confronto fra opinioni? A un bacino di media molto diversi tra loro per impostazione politica e culturale o no? Ecco: Se la stragrande maggioranza delle persone attinge fatti e opinioni da media che hanno una sola impostazione politica e culturale, la situazione non è sana.

Qualche esempio?

Per iniziare, da sempre solo un decimo degli italiani acquista quotidiani. Gli altri nove decimi hanno come fonte di informazione prevalente o unica la televisione. E degli otto canali televisivi nazionali, cinque sono controllati dal governo (Raiuno, Raidue e i tre di Mediaset), uno sta con l’opposizione (Raitre) più due minori abbastanza neutrali (La7 e Sky).

Beh, gli italiani non sono mica costretti a vederli, lo fanno di loro volontà.Certo. Ma non si può dire che sia sano un sistema informativo nel quale - anche per abitudini storiche consolidate nelle famiglie da decenni - nove italiani su dieci attingono solo a un’informazione omologata.
Possono sempre acquistare i quotidiani.Sì, ma anche qui entrano in gioco abitudini storiche. Dal 1945 a oggi gli italiani comprano in media meno di sei milioni di quotidiani al giorno. Non è che all’improvviso tutti corrono all’edicola perchè la tivù è omologata, anche perchè la maggior parte dei cittadini neppure se n’è accorta di questo processo graduale di omologazione. E comunque anche nei quotidiani non è che stiamo tanto bene come pluralità.

In che senso?

Nel senso che se prendiamo i più diffusi quotidiani d’informazione, vediamo che solo due sono d’opposizione, La Repubblica e l’Unità. Poi ce sono quattro (Il Giornale, Il Tempo, Il Quotidiano Nazionale, Libero) dichiaratamente con il premier. E due, molto importanti, che recentemente hanno svoltato e ora sono molto più prudenti con il premier.

Quali?I

l Corriere e La Stampa. Non è un segreto per nessuno che le precedenti direzioni erano sgradite al premier. E i due direttori infatti sono saltati dopo le elezioni vinte dal premier. Così come non è un mistero che le attuali direzioni siano molto più morbide e accettabili per il governo.

Quindi?

Quindi in Italia ci sono di fatto solo due quotidiani d’opposizione abbastanza diffusi, che comunque non arrivano insieme al milione di lettori.
Se la gente li compra poco, sono problemi loro.La gente li compra più o meno come li ha sempre comprati negli ultimi anni. Chi si occupa di media sa bene che le abitudini storiche contano. Per esempio, Panorama è nato e si è affermato nei decenni come settimanale “liberal”, ora invece appartiene al premier ed è apertamente di destra: ma intanto ha fatto propri i mezzi economici, la diffusione del brand, l’abitudine all’acquisto, il know how professionale e tante altre cose che ne garantiscono la diffusione. Si pensi anche al Corriere e al Tg1: sono due grandi testate con un pubblico storico, ma il loro recente cambiamento di linea (diventata molto cauta nel primo caso e apertamente filogovernativa nel secondo) ha ridotto la pluralità e la disomogeneità dell’informazione a cui abitualmente attingono gli italiani.

Quindi?

Quindi il problema è che - mettendo insieme la situazione televisiva e quella dei quotidiani - il 90-95 per cento degli italiani non attinge più ad alcuna fonte d’informazione critica vero il governo. Ha informazioni e pareri solo benevoli verso il premier, o tutt’al più prudenti e neutrali. E questa non è una situazione sana in una democrazia. Se poi ci mettiamo anche il fatto che gli unici due quotidiani d’opposizione sono stati portati in tribunale dal premier…
Beh, il premier è un cittadino come gli altri, può portare in giudizio chi gli pare.Che sia un cittadino come gli altri è difficile da dirsi, visto che ha fatto una legge che lo rende ingiudicabile. Ad ogni modo: sì, in termini giuridici il premier può citare chi gli pare, ma in termini politici è un fatto molto pesante. Nelle democrazie occidentali è rarissimo che un capo del governo in carica citi in tribunale i quotidiani che gli si oppongono. Perfino D’Alema quando divenne premier rimise tutte le cause che aveva intentato. Il sospetto che ci sia un’intimidazione è molto forte.
Beh, sarà il tribunale a decidere se Repubblica e l’Unità hanno ragione o torto.Sì. fra sei o sette anni. Intanto resta l’intimidazione. La stessa cosa che è stata fatta con l’Avvenire.

La questione Boffo?Esatto. Al premier dava molto fastidio che il quotidiano dei vescovi attaccasse proprio lui, che si presenta come paladino dei cattolici e amico della Chiesa. Non era tanto il quotidiano in sé - che vende pochino - ma l’eco che ogni attacco aveva negli altri media, anche stranieri. Fosse o meno al corrente della prima pagina del Giornale su Boffo, è chiaro che avere chiamato un “picchiatore” editoriale come Feltri (che ben conosceva, avendolo avuto nel gruppo per quasi quattro anni) era finalizzato ad attaccare i suoi avversari, incluso Boffo.
Alla fine Boffo si è dimesso…Appunto, ma il problema non è né lui né l’Avvenire: il problema è che gli attacchi personali a Boffo, così come quelli a Ezio Mauro e ad altri, hanno lo scopo di “convincere” tutti i giornalisti e i direttori che è meglio per loro se non criticano il premier. Se osano farlo, sanno che c’è un gruppo politico-mediatico, che può avvalersi anche di professionisti di “intelligence”, che passerà al setaccio il loro passato e il loro presente per scoprire se hanno pagato in nero una colf, se si fanno le canne, se sono mai andati a prostitute, se hanno sempre versato il canone della Rai etc. Solo in Italia, tra le democrazie, esiste un capo di governo che ha dei media e delle “barbe finte”, e li usa entrambi per deligittimare i suoi avversari.

Ma cosa c’entra l’intelligence?

La solita storia dei servizi deviati?Alt, nessuno è in grado di dire che il premier abbia mai usato uomini dei servizi. Ma esistono le sicurezze private. Chi ha organizzato il set con registratori e macchine fotografiche nascoste per intrappolare L’espresso a fine maggio, cosa finita il giorno dopo sul Giornale? Chi ha passato al Giornale la velina su Boffo “omosessuale molestatore”?
Comunque, se dai giornali torniamo alle tivù, ci sono anche La7 e Sky, su cui finora si è sorvolato.Sì. La7 non ha una linea antigovernativa, ma nemmeno apertamente filogovernativa. Tuttavia questo a Berlusconi non basta e adesso ci sta mettendo le mani, ed è probabile il cambio di direttore con uno più schierato: Telecom, proprietaria de La7, ha tutto l’interesse (per motivi economici) a intrattenere buoni rapporti con il governo ed è quindi facile che lo assecondi. Ma c’è anche un altro scenario, cioè l’ingresso nella proprietà del tycoon tunisino Tarak Ben Ammar, che è vicinissimo a Berlusconi, e anche suo socio in Nessma tv. In questo caso anche La7 diventerebbe apertamente filoberlusconiana.

E Sky?

Ammesso che si possa definire antiberlusconiana (il che non è), ricordiamoci che giunge a meno di un decimo degli italiani, i quali comunque ne guardano soprattutto il calcio. E in ogni caso Berlusconi a Sky sta facendo una guerra serrata, sia in veste di premier sia come proprietario di Mediaset, per ridurne ulteriormente il peso: gli ha raddoppiato le tasse, ha speso una valanga di soldi pubblici per imporre il digitale terrestre (che toglie molti abbonati a Sky), ha fatto togliere i canali satellitari Rai dal pacchetto Sky, si è perfino inventato una piattaforma satellitare Rai-Mediaset in funzione anti Sky. E gli abbonati a Sky infatti non crescono più, sono fermi sotto i cinque milioni.

Resta Raitre.Sì. Anche se i segnali che arrivano in questi giorni non lasciano molto spazio all’ottimismo. Si parla di cancellare alcune trasmissioni non gradite al premier. Ed è in forse la voce più critica verso il premier.

Ricapitolando?

Ricapitolando in Italia abbiamo la stragrande maggioranza dei cittadini che si fa un’opinione basandosi su media omologati. Restano fuori da questa omologazione due quotidiani (il cui spazio di critica il premier cerca di ridurre drasticamente attraverso offensive mediatiche, citazioni in tribunale e delegittimazioni personali) e una rete Rai (che Berlusconi sta cercando di purgare dalle sue voci più critiche).

In tutto ciò però non abbiamo parlato di Internet.Non ne abbiamo parlato per non svegliare il cane che dorme. Sulla Rete infatti Berlusconi è indietro. E’ un tycoon televisivo di 73 anni, probabilmente pensa che la Rete non modifichi le opinioni e non sposti il consenso. Sul breve ha ragione, perché gli italiani che si informano via Internet sono ancora una minoranza. Specie nella massa elettorale che lui definisce “con un’intelligenza da dodicenne che non sta nemmeno al primo banco”. Sul lungo può avere torto.

Quindi?

Quindi non serve a molto gridare alla “libertà di stampa minacciata”, perché trovi sempre qualcuno che ti dice che esiste il Tg3, esiste il Manifesto e così via. Serve invece capire i meccanismi con cui Berlusconi sta riducendo drasticamente la pluralità e la disomogeneità politico culturale dei media a cui attingono gli italiani. E serve lavorare per andare nella direzione opposta, provando ad aumentare il più possibile questa pluralità.

sabato 10 ottobre 2009

Aforisma N.7

"Essere ciò che siamo e divenire ciò che siamo
capaci di divenire è l'unico scopo della vita "
(Spinoza)