venerdì 28 maggio 2010

LA CIVILTA' DELL'EMPATIA

Jeremy Rifkin ha una teoria da far rizzare i capelli in testa. Per farla breve (ma non lo è: il libro che la illustra, La civiltà dell’empatia, è lungo 634 pagine), i modelli di creazione e distribuzione dell’energia e delle risorse sono fallimentari, e più in generale il modello capitalista come lo conosciamo è in crisi irreversibile. Se non cambiamo modello, ci estingueremo come specie: secondo Rifkin, il modello vincente è quello che si basa sull’empatia, la collaborazione fra esseri umani, la condivisione e la creazione di reti globali. Il tutto reso possibile dal modello Internet, che si basa largamente proprio su questi principi.

Secondo Rifkin, i nostri figli sapranno far meglio di noi, perchè il loro cervello lavora in modo diverso dal nostro, così come la nostra mente non è uguale a quella dei signorotti medioevali.

"Stiamo usando idee vecchie, totalmente inappropriate per affrontare il XXI secolo: Gli illuministi come John Locke e Adam Smith pensavano che l'uomo fosse competitivo, materialista, razionale.....Se fossimo davvero così saremmo finiti"
Invece:
"La scienza, la biologia evolutiva e in particolare la scoperta dei neuroni specchio ad opera di un'equipe di ricercatori di Parma, guidati da Giacomo Rizzolati, hanno rivelato che gli esseri umani non nascono con alcuna predisposizione a essere aggressivi, competitivi o egoisti. Tutt'altro, il nostro "software" biologico ci predispone ad essere empatici, a trascendere noi stessi, la nostra individualità, per provare il dolore degli altri e celebrare una comune gioia di vivere".

"Ogni volta che nuovi regimi energetici si incontrano con nuovi modi di comunicare, la civiltà e la coscienza fanno un salto in avanti.

La prima rivoluzione industriale è esplosa quando una nuova generazione è cresciuta con l' alfabetizzazione di massa....

Nel XX secolo, l'invenzione del telefono e poi di radio televisione e cinema s'è incontrata con l'era del petrolio e ha dato vita alla seconda rivoluzione industriale.
A ogni salto della storia, la coscienza si evolve e aumenta l'empatia"

"Nelle culture orali, l'empatia si limita alla famiglia e ai membri del villaggio. Chiunque fuori da esso è il nemico......La rivoluzione industriale crea una nuova finzxione, gli stati nazionali, e così nascono la coscienza ideologica e poi quella psicologica....
L'empatia è il collante sociale che permette a uomini sempre più individualisti di integrarsi in famiglie fittizie più estese".....

Oggi è in corso una terza rivoluzione industriale:

"da un lato c'è la potentissima rivoluzione di internet che, a differenza del sistema fondato su telefono e tv, è estremamente decentralizzata. Questo ha cambiato radicalmente il modo in cui il cervello è wired(collegato), come interagiscono i neuroni.
Dall'altro c'è l'energia distribuita....Carbone e petrolio sono fonti al tramonto.

E' tempo di una nuova rivoluzione industriale fondata su quattro pilastri:

1) Energie rinnovabili.

2)Ogni edificio diventa una piccola centrale energetica.

3) Investimenti nella ricerca sull'idrogeno, per stoccare l'energia così come immagazziniamo i dati sui supporti digitali.

4)Dobbiamo usare la stessa energia che ha creato internet per prendere l'energia prodotta in Italia, Germania o qualsiasi altro paese e inserirla in una rete comune.....

Per una generazione cresciuta a latte e internet sarà assolutamente naturale: ognuno diventa un piccolo imprenditore ma condivide ciò che produce. E' il CAPITALISMO DISTRIBUITO o SOCIALISMO COOPERATIVO.

La vecchia politica fondata sui concetti di destra e sinistra è morta...

La divisione non è più ideologica ma generazionale tra chi pensa in modo centralizzato, patriarcale, dall'alto in basso, e chi pensa in modo distribuito, open source, condiviso...."

E per chi vuole saperne di più sul pensiero di questo moderno economista, si legga il libro....

lunedì 24 maggio 2010

SCENARI EUROPEI

Leggo quasi sempre, la domenica, su Repubblica,il lungo editoriale di Eugenio Scalfari che settimanalmente racconta, in modo sintetico e chiaro, gli avvenimenti politici che hanno assunto maggiore rilievo nel corso della settimana.
Quello di ieri, dopo una prima introduzione rivolta alla situazione italiana, rivolge lo sguardo all'Europa, con i destini della quale non possiamo non sentirci collegati, data la crisi economica e lo spauracchio generato dalle recenti disavventure della Grecia.

La domanda che egli si pone, "Reggerà l'Europa?", apre scenari inquietanti, che vedono L'unione europea in serio pericolo e la necessità di operare delle scelte rapide da parte dei goveri ad essa aderenti, ed in particolare di quello italiano (L'articolo si conclude con un appello a Tremonti).

Le soluzioni che egli intravede in questo periodo di grave crisi in cui l'Europa più che mai si manifesta per quello che è, cioè una entità anomala dove esiste una Banca centrale europea che è l'unica a non essere supportata da uno Stato che le stia alle spalle, sono due:

1)Fare diventare rapidamente l'Unione "uno Stato, con un suo bilancio, una fiscalità,un Parlamento con candidature europee anzichè nazionali, una sua politica estera, una difesa comune."

2)"L'altra strada, egli dice, è quella proposta dalla Germania: invece di una cessione di sovranità dagli Stati all'Unione, una delega ai paesi più forti per governare l'economia e la finanza dell'intera Unione."

Ma,a parte i malcontenti che questa proposta suscita nelle varie nazionalità, non si può non intravvedere che in realtà " si tratta di un'egemonia tedesca sull'Europa, sia pure con un diritto di veto della Francia e gli altri a reggere la candela."

I timori a questo punto nascono dall'associazione con gli scenari catastrofici che,nel secolo passato hanno visto come protagonista proprio la Germania e che si sono conclusi con uno spaventoso genocidio.

"La Germania, è vero, possiede a sua volta un'arma deterrente potentissima: se non si raggiungesse un accordo che la soddisfi, potrebbe decidere di uscire dall'euro e tornare al marco. Si assumerebbe la responsabilità- per la terza volta in un secolo- d'aver ucciso l'Europa e di avere al tempo stesso suicidato se stessa."

A questo punto, se le spinte disgregatrici dovessero avere il sopravvento, egli intravede una nuova barbarie impadronirsi dell'intera civiltà occidentale che si disgregherebbe in un "arcipelago gravido di contraddizioni tra deboli e debolissimi...rafforzando soltanto le criminalità organizzate e consegnando un immenso mercato alle bocche voraci dei poteri forti mondiali."

Sebbene questi scenari apocalittici siano da considerarso per il momento fuori dalle previsioni, egli ritiene opportuno che siano tenuti presenti, ammonendo che non è più tempo di occuparsi soltanto dell'utile proprio e della propia "casta" di appartenenza.

domenica 16 maggio 2010

L'esigenza di un'ideologia laica

Mi chiedo se sia possibile un'ideologia laica, perchè, sgombrando il campo dai vari significati che la parola ha assunto nell'epoca corrente, come recita Wikipedia:"il termine laico nell'accezione moderna ha significato di "aconfessionale", ossia di slegato da qualsiasi autorità ecclesiastica e da qualsiasi confessione religiosa." Siamo d'accordo, ma nella sua accezione originale, il termine viene usato nel contesto di professioni specializzate per riferirsi a chi non pratica la stessa professione. Laico è, ad esempio. un membro del Consiglio Superiore della Magistratura che non appartiene all'ordine dei magistrati

Negli ultimi anni il termine laico viene invece utilizzato in maniera impropria per indicare un generico agnostico o ateo. Tale uso è semanticamente scorretto, in quanto laico ha significato di svincolo dall'autorità ecclesiastica, ma non inficia la professione di una particolare confessione religiosa: per cui si possono distinguere laici credenti da laici non credenti.

L'abuso del termine in sede politica, in funzione di sinonimo perfettamente sovrapponibile ad anticlericale o ateo, ha generato l'utilizzo del termine spregiativo laicista, con un significato simile e opposto all'uso del termine spregiativo clericale, per indicare persone che si autodefiniscono "laiche" e si comportano come anticlericali. L'uso del termine è errato poiché si tratta di una estensione di un termine, laico, che già rappresenta l'estensione del termine λαός, laós - popolo.


Nel linguaggio politico il laico è chi propende per una netta separazione della vita delle istituzioni dall'influenza delle confessioni religiose, ossia per indicare chi si ispira ai valori della laicità. Per estensione laico è anche chi desidera una minore influenza delle confessioni religiose nella società.

Laico è anche una persona priva di pregiudizi. Ragionare laicamente è un espressione usata per indicare un ragionamento che non parte da presupposti aprioristici e non sfocia in prese di posizione immodificabili.

Ed ecco quindi che il termine laico risulta in contrapposizione a qualunque ideologia perchè, proprio in quanto "Ragionare laicamente è un espressione usata per indicare un ragionamento che non parte da presupposti aprioristici e non sfocia in prese di posizione immodificabili",ecco che qui già si esclude a priori la possibilità di ragionare secondo presupposti immodificabili, cioè ideologici.

Un'ideologia laica è quindi un controsenso, perchè "laico" significa appunto una mentalità capace di inglobare in sè tutte le idee, le prese di posizioni e i punti di vista, compreso naturalmente quello cattolico.

Ma propio quì nasce il problema, perchè, in questo modo, si genera una così grande confusione di idee e di propositi, che la nascita di una nuova ideologia, per quanto non confessionale, si impone come esigenza di unificazione, di ordine e di conformità dei comportamenti, senza la quale si degenera nella più totale anarchia, sia politica che comportamentale.

D'altro canto , un'ideologia laica non può prescindere da una visione ottimistica dell'uomo, in quanto, proprio in questa anarchia si ravvisa la possibilità che le cose si sistemino da sole, seguendo il naturale istinto alla pace e alla corretta convivenza degli esseri umani.

Era un'ideologia laica l'illuminismo, che però, come tutti gli ismi è degenerato in nuove ideologie totalizzanti che prescindono dal presupposto della razionalità umana postulato all'inizio.

Un'ideologia laica è secondo me inconcepibile, proprio perchè, come ho cercato di spiegare, la parola ideologia e la parola laico si escludono a vicenda.

D'altra parte, se l'esigenza di un'ideologia, chiamiamola anticonfessionale, è così sentita, essa non può che basarsi su dei presupposti che stabiliscono cos'è bene e cos'è male, non su quanto indicato dalle varie confessioni religiose, ma su altri principi che si possono ricondurre all'essenza della natura umana; ma siccome gli uomini non sono tutti uguali, ecco che quest'essenza, per quanto i filosofi da secoli ci ragionino su, non è di per sè distinguibile e dev'essere pertanto imposta dall'alto come modo di vedere di poche persone che raggiungono il consenso attraverso varie strategie, il che viene naturalmente in contraddizione con il concetto di libertà tanto conclamato.

Un'ideologia, poi, così come una religione,ha bisogno di "luoghi di culto" che , nelle religioni si possono ravvisare nei templi e nelle chiese e, nelle cosiddette ideologie laiche, nelle sedi di partito.

Oggi si tende a non considerare più luoghi di culto nè le une nè gli altri.

Quali sono allora i luoghi di culto di cui credo che l'umanità abbia assolutamente bisogno, pena la perdita della propria identità?

Temo proprio che oggi essi si possano ravvisare nei centri commerciali
che proliferano incessantemente e sono tutti sempre assiduamente frequentati dalla gente che in essi trova un luogo di identificazione e di conformità con gli altri.

L'ideologia che si sottende a tali "luoghi di culto" è chiara: il consumismo,il denaro, per dirla alla Marx, " il feticismo delle merci".

Per concludere, penso che il termine "ideologia", non sia molto dissimile da quello di "religione": essa consiste in qualcosa in cui credere aprioristicamente. Purnondimeno, penso che di essa ci sia bisogno.

Pubblico senza rileggere.

martedì 11 maggio 2010

C'ERANO UNA VOLTA I PARTITI

Una volta i partiti erano veri, radicati sul territorio, formati da militanti per la maggior parte competenti ed esperienti, sostenuti da una precisa ideologia che si battevano per portare avanti coinvolgendo emotivamente gli altri, con vero spirito di gruppo.

Nessuno può sottovalutare il ruolo prezioso svolto, allora , dai partiti, specie da quelli di massa, come canali di rappresentanza, ma anche come scuole per l’alfabetizzazione politica (qualche volta, specie nel Sud, anche per l’alfabetizzazione senza aggettivi), come palestra democratica per la selezione di una nuova classe dirigente.

Oggi le leadership tendono a esprimersi in forma carismatica e individualistica; una grande parte della popolazione tende a mobilitarsi – temporaneamente e su singoli obiettivi o problemi – ma sceglie per farlo modalità organizzative lontane dal modello tradizionale dei partiti.

Infine interi settori che prima riconoscevano al sistema dei partiti politici un diritto di rappresentanza tendono oggi ad autorappresentarsi, anche attraverso diverse forme di accesso alla platea politica.

Oggi tutto è più veloce, non ci sono più i ragazzi che vestono in un certo modo, non ci sono più scontri idealistici. Oggi ci sono i circoli, le fondazioni, i blog, e ci sono i nuovi movimenti molto personalizzati.

Ho nostalgia di quel periodo, dell’epoca in cui pochissimi candidati potevano permettersi il lusso di farsi stampare i volantini elettorali; tutti gli altri, armati di carta e penna ti presentavano la “combinazione vincente” con quattro numeri da votare. Adesso si può votare un solo candidato (o addirittura nemmeno uno! L’eletto viene scelto dal partito: evviva la democrazia!!).

Oggi tutto è cambiato.

Oggi esiste la destra che come in passato tutela gli interessi di pochi e la sinistra che si accontenta di occupare piccoli spazi di potere rassicurando i conservatori e facendo qualche lagna rituale per la vita difficile di tanti.
Ma molti dicono che non ha più senso parlare di destra e di sinistra.

Oggi, però, è ancora presente un’ideologia reazionaria di destra,soprattutto leghista, ma soprattutto dilaga un torrente di stupidità in TV, nei giornali e anche nel web, che disgusta le persone pensanti e affascina le persone culturalmente più deboli lasciate a se stesse da una sinistra che ha rinunciato a qualsiasi impegno ideale, culturale, critico nei confronti del potere costituito .

Quelle che erano “le masse popolari” (scalpitanti) sono in buona parte diventate “masse addormentate”, cioè rassegnate.

La sinistra annoia a morte, non è seria né appassionante.

Il cittadino,isolato dagli altri, , stanco e frustrato, si “rilassa” ,osservando ciò che fanno gli altri, quelli finti, quelli lustrati a nuovo dai maghi della comunicazione di massa, quelli che ridono sempre o che parlano solo per parlare. Quelli che parlano e agiscono con facilità in una scatola che lo spettatore con altrettanta facilità può telecomandare tra uno spot e l’altro, senza decidere nulla, senza capire nulla, senza sognare nulla, restando “in pausa”. Restando imprigionato in una rete di pause.
Pause dalle angosce non risolte, pause dalle frustrazioni lavorative, pause dalla fatica di stare con gli altri. Pause che rendono non vissuto il tempo personale e che rendono le persone vulnerabili a idee semplici, come la rabbia verso “gli altri”, verso quelli che non sono personaggi televisivi ma persone reali, rabbia verso le soluzioni complesse a problemi complessi. e fame. Tanta fame di soluzioni semplici, di colpe da dare, di sicurezze da catturare con piccoli gesti e con la sottomissione a chi raccoglie l’essenza della stupidità di tante vite non vissute e la propone come una via d’uscita dalla noia, dopo aver venduto noia sotto le sembianze del divertimento.
La gente ci casca perché vuole sentire, pensare, agire poco.