giovedì 25 febbraio 2010

SOLILOQUIO

Vediamo se riesco ancora a mettere insieme quattro parole, dato che è ormai da tempo che non scrivo su questo blog.
Il fatto è che, da un po' di giorni, lo uso quasi esclusivamente per leggere, dato che non riesco più a passare quella mezzoretta al giorno con il quotidiano in mano, nè a seguire con qualche interesse i soliti teatrini dei talk show  televisivi, data la nausea provocata dalla marea di notizie e notizuole buttate giù o dette solo per attirare lettori o spettatori.
A proposito, un po' di Porta a Porta l'ho visto l'altra sera, giusto per assistere ad una mano della partita di scherma tra Vespa e Santoro.
Non mi diverto più: ormai tutto mi sembra ridotto a pura competizione: ogni parola è un'arma per duellare con l'avversario di turno. E il motivo di tutto ciò lo vedo nella effettiva assenza di reali argomenti di discussione: ormai si parla o si scrive solo per riempire un vuoto, sonoro o di pagine bianche, ma ciò che viene detto non approda ad alcun risultato e non persegue alcun fine che la propria autoreferenzialità e allora ho cercato di dedicarmi ad altro: uscire di più, incontrare gente "vera", dedicarmi a qualche lavoro manuale, stare un po' di più a contatto con la natura.
Ho anche tenuto spento il computer per interi giorni, ma mi sono resa conto che ormai questo strumento tecnologico è entrato a far parte della nostra quotidianità, come il telefono: non se ne può più fare a meno.
Penso che non sarei più capace di scrivere a penna ( non so nemmeno se la mia calligrafia è ancora quella di qualche anno fa o è cambiata anch'essa, come del resto cambia la personalità , quando nel tempo si accumulano esperienze diverse.
Penso anche che dovrei cambiare il titolo di questo blog, perchè mi sa che non mi troverò mai.

domenica 7 febbraio 2010

SBAGLIANDO S'IMPARA. OPPURE NO?

Ho letto tempo fa un bell'articolo di Piero Angela che mi ha fatto molto riflettere e di cui pubblico uno stralcio, convinta che come le spiega lui certe cose non sarei capace di farlo io.

Come dice il proverbio: sbagliando s'impara. Ed è vero. Lungo tutta la nostra vita accumuliamo esperienze attraverso i nostri errori.


Ma in certi casi l'apprendimento per esperienza non serve, anzi, è catastrofico. Se, per esempio, si scala l'Everest senza conoscerne i pericoli, non c'è più tempo per trarre insegnamento dagli errori. Si muore prima, per freddo, fame, intemperie e mancanza di ossigeno. Ciò vale per molte cose, in particolare per le scelte che riguardano il nostro avvenire. Se si va verso il futuro senza conoscerne i problemi, l'apprendimento per errori non serve più. È troppo tardi. Ma una delle capacità del nostro cervello è quella di fare ipotesi, congetture, progetti, simulazioni che gli consentano di immaginare situazioni future, di intuirne le conseguenze e quindi di evitare i pericoli e ridurre i rischi, prendendo oggi le decisioni necessarie. Questa capacità è frutto non solo di un cervello complesso, ma di un allenamento mentale che deve cominciare dall'infanzia, attraverso l'esperienza del gioco, e continuare poi con una varietà di stimoli creativi. È un tipico meccanismo umano, che da sempre è alla base dell'immaginazione e delle invenzioni. Invenzioni di macchine, di idee, di strategie, di progetti. Per risolvere problemi non ancora reali, ma immaginati tempestivamente.

Attraverso l'immaginazione l'uomo è riuscito a realizzare grandi imprese. La conquista della Luna, per esempio, è avvenuta grazie a una serie di simulazioni mentali. Sulla Luna non c'era mai stato nessuno prima: e non si poteva certamente usare l'apprendimento per errore. Per fare arrivare fin lassù degli astronauti e riportarli a casa sani e salvi, è stato necessario simulare mentalmente (e risolvere) i problemi prima ancora che si ponessero: problemi collegati alle leggi di gravità, alle temperature, alle comunicazioni, al carburante, agli strumenti di navigazione, ai veicoli. In altre parole, si è imparato a fare una cosa del tutto nuova, cioè andare sulla Luna senza mai esserci andati. È stato un apprendimento immaginato. Un "apprendimento innovativo", che ha consentito di operare nel modo giusto.

 Anche per andare verso il futuro è ormai necessario affrontare il viaggio allo stesso modo. Sarebbe infatti catastrofico imparare dagli errori. Dobbiamo riuscire a simulare mentalmente i problemi prima ancora che si pongano. Breve e lungo termine Ma, ammesso che lo si voglia, sarebbe davvero possibile prevedere il futuro? Il problema purtroppo è che troppi elementi si intrecciano e rendono la previsione assai difficile. È come in una partita a scacchi: ogni volta che si sposta un pezzo si modifica tutta la situazione sulla scacchiera. Perché tutti i pezzi si influenzano a vicenda. E a ogni mossa la situazione cambia. È quindi difficile prevedere esattamente come si presenterà la scacchiera fra 10 o 15 mosse. Quello che però si può facilmente prevedere è che se un giocatore gioca male, comprometterà senz'altro l'esito futuro della partita. Uno degli errori tipici, per esempio, di un cattivo giocatore, è quello di mangiare subito certi pezzi che sembrano vantaggiosi, senza pensare alle conseguenze future. Giocando a breve termine, in realtà, si compromette il lungo termine, e si finisce per perdere.

Analogamente, nelle nostre società noi tendiamo a mangiare subito certi pezzi che ci danno vantaggi immediati, senza pensare alle conseguenze lontane. Le nostre scelte non sono lungimiranti, ma "brevimiranti". Stiamo così preparando la crisi di domani. Allo stesso modo in cui ieri abbiamo preparato le crisi che conosciamo oggi.