domenica 31 gennaio 2010

C'E' DELL'ALTRO IN VOI!

Non guardo i films di fantascienza, nè i films in generale che trasmettono in tv, ma ieri su Sky ne ho visto uno che mi sembrava in tema col mio precedente post, in quanto si dice che, per mettere ordine in un sistema chiuso diventato entropico, occorre necessariamente l'intervento esterno.

Ed ecco che nel film, appunto, un extraterrestre scende sulla Terra per salvare la Terra, la Terra dico, non gli umani, perchè appunto gli umani sono, secondo il film, gli artefici della prossima scomparsa della vita sulla terra.

Il film si snoda attraverso vicende surreali e avventurose e ricche di suspense, come in tutti i film di fantascienza, ed ecco il lieto fine:

Una scena di profondo amore fra un bambino, la madre adottiva e il padre morto, fa esclamare all'alieno la fatidica frase: " C'è dell'altro in voi!", e alla fine decidere in extremis di retrocedere dalle decisioni già prese e in parte attuate di distruggere gli umani per salvare la Terra.

sabato 30 gennaio 2010

ENTROPIA

Il termine ricorre sempre più spesso nelle discussioni tra ecologisti e in quelle di approfondimento della politica energetica. Ma ultimamente è stato applicato anche alla realtà sociale e finanziaria.

Per scoprire il suo significato è necessario rispolverare i due principi della termodinamica. Il primo principio afferma che "nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma". E' il ciclo della materia e della vita stessa a cui ogni studente occidentale viene abituato ed educato fin dai primi anni di scuola. In altri termini, in qualsiasi sistema chiuso, e nello stesso universo, la quantità di energia è costante. Il primo principio ci rassicura su di una sorta di eternità dell'energia.

Se l'energia si trasforma allora può anche essere recuperata all'infinito in una sorta di moto perpetuo. Purtroppo non è così. A ricordarcelo arriva il secondo principio della termodinamica affermando che un qualsiasi sistema chiuso tende a raggiungere la max. entropia, ossia la massima quantità di energia non utilizzabile e non disponibile e che quindi crea disordine e caos, infatti oggi il termine entropia è diventato sinonimo di questi due termini.
In breve, durante ogni conversione di energia se ne perde per sempre una parte in modo non reversibile.
Un esempio molto diffuso è quello dell'attività di riciclaggio del metallo: per quanto ci si sforzi non si riuscirà mai a riciclare il 100% del metallo dai rifiti delle merci. Anche se tutte le merci fossero recuperate tramite la raccolta differenziata al 100%, di per sé impossibile, comunque una parte dei metalli sarebbe andata precedentemente perduta per usura durante il loro utilizzo.

L'entropia pone un limite invalicabile all'equilibrio perenne del primo principio, infondendo anche un pò di pessimismo nella visione di lungo periodo al punto da sconfinare nel filosofico.

La realtà più concreta che si può associare al concetto di entropia è costituita dall' inquinamento nelle sue varie forme e in particolar modo quello, allo stesso tempo più tragico, banale e diffuso, che consiste nella iper-produzione di anidride carbonica (CO2) con le conseguenze dell'aumento dell' effetto serra e del "riscaldamento globale".

Le responsabilità della scienza sullo stato di salute del pianeta terra sono enormi. Alla base c'è proprio una questione di fondo di carattere epistemologico e cioè il fatto di aver alimentato una immagine del funzionamento della natura basata sulla reversibilità dei fenomeni.La natura è stata chiusa in una gabbia per poter essere controllata e sfruttatta meglio, in corrispondenza ed omogeneità alla logica di dominio sociale.

In realtà bisogna guardare la natura e la realtà sociale con occhi oggettivamente diversi per far fronte alla impellente necessità di progettare un futuro a "bassa entropia".

mercoledì 27 gennaio 2010

FURTO DI TERRA E CIBO AL CONTINENTE PIU' AFFAMATO DEL MONDO

In questo giorno dedicato alla memoria del genocidio di Auschwitz, anzichè unirmi al coro dei ricordanti, che oltretutto sanno svolgere bene il loro lavoro di mettere in guardia i giovani dal ricommettere gli errori del passato, mi piace dedicare la mia attenzione ad un'altra categoria di emarginati per i quali tanto si fa, a parole, ma, nei fatti, c'è chi impedisce concretamente persino la possibilità di un autonomo sviluppo, sottraendo risorse preziose per la sopravvivenza di intere popolazioni.

Mi riferisco all'articolo apparso su la Repubblica di ieri che potete leggere qui.

Quanto sta accadendo ai danni dei paesi africani è veramente scandaloso e a nulla valgono le varie iniziative di solidarietà nei confronti della parte più povera del mondo se si sottrae loro la possibilità di produrre da sè il nutrimento necessario alla sopravvivenza, oltre che la possibilità di una vita degna di essere chiamata umana.

martedì 26 gennaio 2010

L'infinitamente mutevole

Tanti argomenti mi affollano la mente in questa uggiosa giornata di pioggia. Ma, dovendo scrivere qualcosa, preferisco affidarmi all'impulso del momento e prendere una decisione , come si suol dire, d'istinto, e così opto per alcune riflessioni sulla vita ,a cominciare da quella di Sandro Penna.

La vita...è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente

Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.


Queste sono le strofe più note, in cui il poeta esprime una visione della vita per quello che è: gioia mescolata a dolore come sfaccettature di sensazioni momentanee, prescindendo dal significato notoriamente trasgressivo che costituisce il tema di fondo della sua poesia.

Ma c'è un'altra poesia, forse meno nota, ma più esplicativa della visione di vita del poeta, che dà delle indicazioni esistenziali ben precise. Una lirica ricca di implicazioni concettuali, di Giuseppe Conte

Come chi volesse in una mano
chiusa a coppa, prendere una spiaggia
di sabbia e un oceano, grano
a grano, goccia a goccia,

come chi volesse sulla fronte

reggere il sole all’alba
chiuderlo sull’orizzonte
dentro a una foschia scialba,

è chi tenta di sentire
in sé l’essenza della vita,
meglio viaggiare,fuggire
come fa lei, l’infinita-

mente mutevole.

Da notare la spezzatura finale della parola infinita-mente che dà adito a più interpretazioni.
Qual è la vostra?

giovedì 21 gennaio 2010

TRANSFERT

Questa è una parola che ha subito considerevoli trasformazioni rispetto a quando studiavo Psicologia generale all'università.

Proprio oggi, mentre cercavo un approfondimento sulla parola in oggetto, il Caso mi ha condotto su questo articoletto molto di attualità di cui pubblico uno stralcio:

Il dibattito che attualmente si sta sviluppando intorno alla figura di Craxi non è altro che un’operazione mediatica preventiva.
Scopo di quest’operazione mediatica è condizionare implicitamente il giudizio dell’opinione pubblica intorno alla figura del Presidente creando un più o meno consapevole
transfert dalla figura del leader socialista a quella del Presidente stesso.
L’immagine del Presidente non potrà che trarre beneficio dal precedente storico di un grande statista perseguitato dalla magistratura. Mutare il giudizio dell’opinione pubblica intorno a Craxi e alle sue vicende processuali è il miglior vaccino anti-giudici somministrabile al cittadino elettore in previsione di un calo di fiducia e popolarità dovuto alla ripresa delle vicende giudiziarie a carico del Presidente. Sarà un film già visto e bisognerà impedire che possa finire allo stersso modo.
Un’ulteriore conseguenza non trascurabile del transfert Craxi-Berlusconi è quella di andare direttamente a contrastare il più popolare transfert Mussolini-Berlusconi. Anche in questo caso, Photoshop.
( Tratto dal blog Pezzi di merda)

Il significato che invece io ricordavo ha a che fare con l'apprendimento e consisteva nel fatto che le abilità acquisite in un determinato campo del sapere o dell'attività umana possono essere spese in altre attività, anche diverse, che hanno però con quella iniziale qualche affinità strutturale.

sabato 16 gennaio 2010

E' TEMPO DI BILANCI

Con l'inizio del nuovo anno molti blogger si son apprestati a festeggiare compleanni e stilare i primi bilanci riguardo all'andamento del proprio blog.
Io non ne ho mai fatto uno. Si, è vero che è ormai da quasi due anni che sono in rete!
Ho cominciato quando avevo la gamba rotta e non sapevo cosa fare.

Dopo alcuni mesi, però, l'ho chiuso perchè non ne ravvisavo l'utilità, nel senso che, a fronte del tanto tempo trascorso davanti al computer, data la vastità della piazza, non si aveva la possibilità di concretizzare delle autentiche amicizie: visitare un blog è un "mordi e fuggi", nessuno si sofferma a leggerti e spesso si ha l'impressione che non si vogliano sprecare i commenti, forse perchè si fa sempre una corsa contro il tempo (o perchè non si vuole favorire l'altro a discapito del proprio , c'è un po' di concorrenza in questo, e si manca di generosità) Anch'io la faccio in effetti: si vorrebbero leggere quante più cose è possibile e poi la giornata finisce e a volte si passano mezze nottate senza che si sia concluso nulla di apparentemente utile.

Dopo, però, ho ripreso con una convinzione più precisa: il blog serve innanzitutto per me, per arricchirmi, per dare sfogo al mio piacere di scrivere, non importa se i commenti arrivano o non arrivano (se arrivano è meglio lol), non importano le statistiche, il numero di visitatori giornaliero.

La maggior parte dei miei visitatori credo siano studenti in cerca di un'imbeccata per qualche tema o relazione da presentare a scuola, e i miei argomenti si prestano, ma non era questo il mio obiettivo.

Io forse sono troppo rigida nelle mie prese di posizione, e questo non dà adito a commenti o ad approfondimenti.

Ma non credo.La verità è che siamo in troppi e si fa a gara a chi riesce ad attirare maggiormente l'attenzione con le trovate più spettacolari, sia da punto di vista grafico che dei contenuti, un po' come si fa per la pubblicità (bisognerebbe avere delle competenze precise in materia!)

Questo a me non interessa, per ora mi va bene così : 21 sostenitori, pochi visitatori, ma buoni, qualche "amico", con cui mi trovo molto in sintonia.
E mi basta.

Progressi ne ho fatti: ho dovuto perfino imparare qualche parola d'inglese!

Ah! Dimenticavo! Ad Sense! L'ho messo, ma mi dà così fastidio che l'ho confinato all'ultima pagina.
Così neanche ci guadagno!

venerdì 15 gennaio 2010

RIPUBBLICO


Non ho potuto fare a meno di ripubblicare questa bellissima poesia apparsa ieri su Repubblica:

Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d' asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d' amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
"Ha sbagliato!",
Certo che ha sbagliato,
L' Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l' elemosina di un' attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all' ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra -"A quel paese!"
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Né bontà, roba da Caritas, né Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.
ADRIANO SOFRI

giovedì 14 gennaio 2010

ANCORA UNA VOLTA, LA STORIA SI RIPETE.

Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d' asilo,


Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d' amianto,
O senza tetto,


Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
"Ha sbagliato!",
Certo che ha sbagliato,

L' Uomo Nero

Della miseria nera

Del lavoro nero, e da Milano,

Per l' elemosina di un' attenuante

Scrivono grande: NEGRO,

Scartato da un caporale,

Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,


Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)


Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,


Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,


E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all' ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto


Alla sua terra -"A quel paese!"


Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema


Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,


Né bontà, roba da Caritas, né Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.
ADRIANO SOFRI

mercoledì 13 gennaio 2010

VOGLIO ESSERE MADRE, MA VOGLIO ANCHE LAVORARE BENE

No, non parlo di me: madre lo sono già e di lavorare ho finito( si fa per dire).

Quello che mi sembra interessante sono alcune iniziative portate avanti timidamente da alcune aziende ...del nord , oltre che dall'America, volte a favorire la piena integrazione delle donne lavoratrici.

Adesso non basta più alle donne la tutela della maternità ma, se si vogliono realizzare pienamente nel lavoro, espletando nel contempo le incombenze familiari che, a fronte di tutte le promesse fatte ormai da tanti anni sulla suddivisione del lavoro domestico e della responsabilità della crescita ed educazione dei figli, gravano ancora su di esse, serve una nuova organizzazione sociale.

Le donne sanno che sarebbero in grado di svolgere al meglio il proprio lavoro se solo venissero sgravate da alcune incombenze, diciamo così, materne.

No, non è una buona soluzione quella ,caldeggiata da alcuni, di affidare i figli, fin da piccoli, a istituzioni pubbliche, togliendo quindi alle mamme il compito, ma anche il piacere e se vogliamo l'istinto naturale di educarli secondo i propri principi.

Alcune aziende si rendono conto che il lavoro delle donne è prezioso e quindi hanno imboccato la strada di studiare delle misure ad hoc per consentire ad esse di portare, se vogliono, i figli al lavoro, supportate naturalmente da baby sitter ed altri servizi, o realizzare una flessibilità di orario che consenta di cumulare le ore eccedenti per spenderle poi secondo necessità, o addirittura poter lavorare da casa telematicamente.

Questi e altri provvedimenti , ancora da studiare, verranno presi per permettere alle donne di conciliare vita e lavoro, come sarebbe giusto, " ma oltre alla fantasia servono leggi", dice la sindacalista Susanna Camusso in un'intervista per Repubblica.

Si prospetta così una nuova frontiera del welfare (necessaria).

domenica 10 gennaio 2010

La stanza del caffè


Quando lavoravo a scuola, c'era la stanza del caffè: era quella stanza in cui ci si poteva isolare un attimo dal frastuono dei ragazzi che facevano ricreazione e scambiare qualche chiacchiera coi colleghi o addirittura fumare una sigaretta.
Anche in questo blog c'è la stanza del caffè.
Accomodatevi pure per parlare di quello che vi pare, anche di ciò che non è attinente al blog.

sabato 9 gennaio 2010

AFORISMA N.8

Dopo aver tanto letto, tanto studiato, tanto imparato, e aver tutto
dimenticato,
quello che rimane è la cultura.

martedì 5 gennaio 2010

INTELLIGENZA E/O CULTURA

Da un recente commento ad un mio precedente post dal titolo " intelligenti si nasce o si diventa", ho preso lo spunto per un'ulteriore riflessione su cosa sia effettivamente l'intelligenza e su cosa sia la cultura, o meglio, se le due cose vanno di pari passo, si influenzino a vicenda, oppure si possa essere intelligenti senza essere colti e viceversa.

Da un articolo sull'intelligenza che ho letto recentemente, emerge che non sarebbe corretto parlare di intelligenza, ma di intelligenze.
Infatti alcuni studiosi ne hanno individuato almeno nove tipi che qui di seguito elenco:

In particolare,lo psicologo statunitense Howard Gardner distingue ben 9 tipi fondamentali di intelligenza, localizzati in parti differenti del cervello, di cui fa parte anche l'intelligenza logico-matematica (l'unica su cui era basato l'originale test di misurazione del QI). Ecco, qui di seguito, i 9 macro-gruppi intellettivi:
Intelligenza Linguistica: è l'intelligenza legata alla capacità di utilizzare un vocabolario chiaro ed efficace. Chi la possiede solitamente sa variare il suo registro linguistico in base alle necessità ed ha la tendenza a riflettere sul linguaggio. Un noto possessore di tale intelligenza era Thomas Eliot. Possono averla poeti, scrittori, linguisti, filologi, oratori.
Intelligenza Logico-Matematica: coinvolge sia l'emisfero cerebrale sinistro, che ricorda i simboli matematici, che quello di destra, nel quale vengono elaborati i concetti. È l'intelligenza che riguarda il ragionamento deduttivo, la schematizzazione e le catene logiche. È l'intelligenza di Albert Einstein. La possiedono solitamente scienziati, ingegneri, tecnologi.
Intelligenza Spaziale: concerne la capacità di percepire forme ed oggetti nello spazio. Chi la possiede, normalmente, ha una sviluppata memoria per i dettagli ambientali e le caratteristiche esteriori delle figure, sa orientarsi in luoghi intricati e riconosce oggetti tridimensionali in base a schemi mentali piuttosto complessi. Un suo rappresentante potrebbe essere Leonardo Da Vinci. La possiedono scultori, pittori, architetti, ingegneri, chirurghi ed esploratori.
Intelligenza Corporeo-Cinestesica: coinvolge il cervelletto, i gangli fondamentali, il talamo e vari altri punti del nostro cervello. Chi la possiede ha una padronanza del corpo che gli permette di coordinare bene i movimenti. Ce l' hanno in misura peculiare ballerini, coreografi, sportivi, artigiani.
Intelligenza Musicale: normalmente è localizzata nell'emisfero destro del cervello, ma le persone con cultura musicale elaborano la melodia in quello sinistro. È la capacità di riconoscere l'altezza dei suoni, le costruzioni armoniche e contrappuntistiche. Chi ne è dotato solitamente ha uno spiccato talento per l'uso di uno o più strumenti musicali, o per la modulazione canora della propria voce. Esempio: Ludwig Van Beethoven. La possiedono prevalentemente i musicisti e i cantanti.
Intelligenza Interpersonale: coinvolge tutto il cervello, ma principalmente i lobi pre-frontali. Riguarda la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, i desideri nascosti, di creare situazioni sociali favorevoli e di promuovere modelli sociali e personali vantaggiosi. È presente in maggior misura in politici, leader, imprenditori di successo, psicologi. Un esempio di quest'intelligenza può essere Barack Obama
Intelligenza Intrapersonale: riguarda la capacità di comprendere la propria individualità, di saperla inserire nel contesto sociale per ottenere risultati migliori nella vita personale, e anche di sapersi immedesimare in ruoli e sentimenti diversi dai propri. Non è prerogativa di qualcuno, benché la possiedano, in particolare, gli attori.
Intelligenza Naturalistica: consiste nel saper individuare determinati oggetti naturali, classificarli in un ordine preciso e cogliere le relazioni tra di essi. Un esempio plastico di questa intelligenza è Charles Darwin. È l' intelligenza tipica di biologi, astronomi, antropologi, medici ed altri.
Intelligenza Esistenziale: rappresenta la capacità di riflettere consapevolmente sui grandi temi dell'esistenza, come la natura dell'uomo, e di ricavare da sofisticati processi di astrazione delle categorie concettuali che possano essere valide universalmente. È tipica dei filosofi e degli psicologi, e in parte anche dei fisici. Un'eccellente intelligenza esistenziale ce l'aveva Immanuel Kant igenza linguistica

Di questi nove tipi c'è chi alla nascita è maggiormente dotato dell'una piuttosto che dell'altra, chi ne possiede più di un tipo ed infine ci sono quelli che le possiedono tutte e sono gli individui cosiddetti versatili, che si destreggiano egregiamente nell'uno o nell'altro campo del sapere o delle attività umane.

Detto questo, non capisco che senso abbiano i cosiddetti test intellettivi che sono costruiti a misura di un tipo di intelligenza ideale e che quindi non è riscontrabile nella realtà.

Ci sarebbe da aggiungere, e in questo tutti i commentatori del post di riferimento sono concordi, che l'intelligenza, di qualunque tipo esso sia, si può potenziare con l'esercizio o, al contrario, si perde se non viene esercitata.

*******

Passiamo quindi al secondo punto citato dal mio commentatore Alex, il quale afferma che la cultura può mascherare l'eventuale mancanza di intelligenza. Ed io vorrei quindi prima accertarmi su cosa si intende generalmente per cultura.

E qui cito Wikipedia, dove dice che:

"il concetto moderno di cultura può essere inteso come quel bagaglio di conoscenze ritenute fondamentali e che vengono trasmesse di generazione in generazione. Tuttavia il termine cultura nella lingua italiana denota due significati principali sostanzialmente diversi:
Una concezione umanistica o classica presenta la cultura come la formazione individuale, un’attività che consente di "coltivare" l’animo umano (deriva infatti dal verbo latino "colere"); in tale accezione essa assume una valenza quantitativa, per la quale una persona può essere più o meno colta.
Una concezione antropologica o moderna presenta la cultura come il variegato insieme dei costumi, delle credenze, degli atteggiamenti, dei valori, degli ideali e delle abitudini delle diverse popolazioni o società del mondo. Concerne sia l’individuo sia le collettività di cui egli fa parte. In questo senso il concetto è ovviamente declinabile al plurale, presupponendo l'esistenza di diverse culture, e tipicamente viene supposta l'esistenza di una cultura per ogni gruppo etnico o raggruppamento sociale significativo, e l'appartenenza a tali gruppi sociali è strettamente connessa alla condivisione di un'identità culturale."

Essendo quindi la cultura una valenza più quantitativa che qualitativa che mi pare di intendere come l'insieme delle nozioni che l'individuo o la comunità hanno accumulato nel corso del tempo, si può definire più colto un individuo che possiede un maggior bagaglio di conoscenze e analogamente più colto un popolo che possiede una maggiore quantità di tradizioni.

Ma per me la parola cultura non può prescindere da un diverso atteggiamento mentale rispetto a chi non è colto, in quanto ogni apprendimento provoca delle modificazioni a livello cerebrale, quindi intelligenza e cultura sono strettamente correlate e camminano di pari passo e non ha ragione il mio commentatore il quale sostierne che la cultura serve a nascondere la mancanza di intelligenza, a meno che non si tratti di vera cultura ma di nozionismo e sofistica.