D’antica ginestra il vento odora
e arranca il treno sui nostri colli,
verdi le spighe e di fuoco i papaveri.
Non c’è fretta alcuna d’arrivare,
non c’è meta che meriti l’orizzonte.
Una stazione sonnolenta ogni tanto
fornisce breve tregua al mio torpore.
Talvolta parto senza un perché,
fingo forse di rinnovar la vita,
senza riuscirci mai.
Soltanto il cuore ogni giorno muta.
E perde.
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giovedì 24 marzo 2011
venerdì 11 febbraio 2011
ISOLE
Siamo isole
Dentro la carne il cuore
Negli occhi il mondo
Estraneo
Senti la vita che scorre
Agita il tuo mare interno
Là fuori altre isole
A volte lontane a volte così vicine
Anche solo per pochi splendidi attimi.
Dentro la carne il cuore
Negli occhi il mondo
Estraneo
Senti la vita che scorre
Agita il tuo mare interno
Là fuori altre isole
A volte lontane a volte così vicine
Anche solo per pochi splendidi attimi.
martedì 8 febbraio 2011
Nostalgia
Nell’attimo fuggente del tempo
Riaffiorano i fantasmi del passato
Tristi, fuggevoli lampi
Di una giovinezza ormai perduta.
A volte lieti momenti
D’intensa gioia
Sfumati nella nebbia dell’oblio.
Ah quanto mi è difficile sperare
Che non tutto è perduto,
che tutto l’oggi
sarà domani ammantato
dalla magia del tempo
che passa e inesorabilmente
sfuma e indora i ricordi.
Riaffiorano i fantasmi del passato
Tristi, fuggevoli lampi
Di una giovinezza ormai perduta.
A volte lieti momenti
D’intensa gioia
Sfumati nella nebbia dell’oblio.
Ah quanto mi è difficile sperare
Che non tutto è perduto,
che tutto l’oggi
sarà domani ammantato
dalla magia del tempo
che passa e inesorabilmente
sfuma e indora i ricordi.
giovedì 6 gennaio 2011
MIO PADRE
Il giorno in cui ci lasciasti
Girasti gli occhi
E ci guardasti tutti:
“Ho fatto tanto per voi,
altro ancora avrei voluto!”
Le tue frasi mai pronunciate
Neanche quando vivevi
Noi tutti le portiamo
Con noi.
Non hai lasciato segni
Di parole.
Solo il tuo esempio
Ci ha guidati e ci guida
Nel difficile cammino
Della vita.
venerdì 26 marzo 2010
IL SOLE
E' un grande sfavillìo
Dentro
E fuori di me.
La pelle
Si rincuora
E l’anima
Risplende.
Le luci ed i colori
Sprigionano allegria
E nell’oblio scompare
Ogni malinconia
Che il vespero mi dà.
domenica 21 marzo 2010
LA VITA E'...
Svegliarsi una mattina
E scoprire sul volto
Una ruga in più.
Capire che il tempo
Lascia i suoi segni fuori,
Non dentro.
Incontrare un vecchio e scoprire
Ch’è più giovane di te,
Di te che hai vissuto,
Ma non abbastanza per capire
Che la morte
Non può fare paura.
martedì 26 gennaio 2010
L'infinitamente mutevole
Tanti argomenti mi affollano la mente in questa uggiosa giornata di pioggia. Ma, dovendo scrivere qualcosa, preferisco affidarmi all'impulso del momento e prendere una decisione , come si suol dire, d'istinto, e così opto per alcune riflessioni sulla vita ,a cominciare da quella di Sandro Penna.
La vita...è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente
Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.
Queste sono le strofe più note, in cui il poeta esprime una visione della vita per quello che è: gioia mescolata a dolore come sfaccettature di sensazioni momentanee, prescindendo dal significato notoriamente trasgressivo che costituisce il tema di fondo della sua poesia.
Ma c'è un'altra poesia, forse meno nota, ma più esplicativa della visione di vita del poeta, che dà delle indicazioni esistenziali ben precise. Una lirica ricca di implicazioni concettuali, di Giuseppe Conte
Come chi volesse in una mano
chiusa a coppa, prendere una spiaggia
di sabbia e un oceano, grano
a grano, goccia a goccia,
come chi volesse sulla fronte
reggere il sole all’alba
chiuderlo sull’orizzonte
dentro a una foschia scialba,
è chi tenta di sentire
in sé l’essenza della vita,
meglio viaggiare,fuggire
come fa lei, l’infinita-
mente mutevole.
Da notare la spezzatura finale della parola infinita-mente che dà adito a più interpretazioni.
Qual è la vostra?
La vita...è ricordarsi di un risveglio
triste in un treno all'alba: aver veduto
fuori la luce incerta: aver sentito
nel corpo rotto la malinconia
vergine e aspra dell'aria pungente
Ma ricordarsi la liberazione
improvvisa è più dolce: a me vicino
un marinaio giovane: l'azzurro
e il bianco della sua divisa, e fuori
un mare tutto fresco di colore.
Queste sono le strofe più note, in cui il poeta esprime una visione della vita per quello che è: gioia mescolata a dolore come sfaccettature di sensazioni momentanee, prescindendo dal significato notoriamente trasgressivo che costituisce il tema di fondo della sua poesia.
Ma c'è un'altra poesia, forse meno nota, ma più esplicativa della visione di vita del poeta, che dà delle indicazioni esistenziali ben precise. Una lirica ricca di implicazioni concettuali, di Giuseppe Conte
Come chi volesse in una mano
chiusa a coppa, prendere una spiaggia
di sabbia e un oceano, grano
a grano, goccia a goccia,
come chi volesse sulla fronte
reggere il sole all’alba
chiuderlo sull’orizzonte
dentro a una foschia scialba,
è chi tenta di sentire
in sé l’essenza della vita,
meglio viaggiare,fuggire
come fa lei, l’infinita-
mente mutevole.
Da notare la spezzatura finale della parola infinita-mente che dà adito a più interpretazioni.
Qual è la vostra?
venerdì 15 gennaio 2010
RIPUBBLICO
Non ho potuto fare a meno di ripubblicare questa bellissima poesia apparsa ieri su Repubblica:
Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d' asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d' amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
"Ha sbagliato!",
Certo che ha sbagliato,
L' Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l' elemosina di un' attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all' ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra -"A quel paese!"
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Né bontà, roba da Caritas, né Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.
ADRIANO SOFRI
giovedì 14 gennaio 2010
ANCORA UNA VOLTA, LA STORIA SI RIPETE.
Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d' asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d' amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
"Ha sbagliato!",
Certo che ha sbagliato,
L' Uomo Nero
Della miseria nera
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l' elemosina di un' attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all' ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra -"A quel paese!"
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Né bontà, roba da Caritas, né Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.
ADRIANO SOFRI
venerdì 11 dicembre 2009
NATALE
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Giuseppe Ungaretti
Napoli, 1916
martedì 3 novembre 2009
UNA ROSA PER ALDA
Non ho mai conosciuto Alda Merini, nemmeno di nome. Ora che è morta scopro come la poesia nasca dalla follia e la cosa mi sgomenta.
A lei vorrei dedicare questa mia poesia:
LA VITA E’….
Svegliarsi una mattina
E scoprire sul volto
Una ruga in più.
Capire che il tempo
Lascia i suoi segni fuori,
non dentro.
Incontrare un vecchio e scoprire
Ch’è più giovane di te,
di te che hai vissuto,
ma non abbastanza per capire
che la morte
non può fare paura.
Svegliarsi una mattina
E scoprire sul volto
Una ruga in più.
Capire che il tempo
Lascia i suoi segni fuori,
non dentro.
Incontrare un vecchio e scoprire
Ch’è più giovane di te,
di te che hai vissuto,
ma non abbastanza per capire
che la morte
non può fare paura.
domenica 1 novembre 2009
HO INCONTRATO UNA FOGLIA
domenica 9 agosto 2009
DOLCE QUIETE
domenica 12 luglio 2009
A MIA MADRE
lunedì 12 gennaio 2009
IL TEMPORALE
Ritorno bambina
E le paure incombono
Come banchi di nubi
Sul mio cuore.
Ad ogni lampo
Rintronano le nenie
Minacciose e imploranti
Di mia nonna:
le sue fobie di allora
sono le mie di ora!
Grandine e pioggia
Si abbattono impietose su di me
Che rannicchiata attendo,
trepida e timorosa,
che il cielo si rischiari.
E al primo raggio di sole
Spalanco le finestre in un sorriso.
Quando scrissi questa poesia, alcuni anni or sono,ero ancora pervasa da ogni genere di fobie: brontofobia ( paura del temporale), agorafobia ( paura degli spazi aperti),
fobia sociale ( paura della gente ), ecc.
Poi, non so come, quasi improvvisamente, le mie fobie sono scomparse.
Certo, quando un violento temporale mi coglie per strada o in viaggio, faccio di tutto per mettermi al riparo, specialmente in posti dove c'è la gente.
Ecco, non ho più paura della gente, anzi , la cerco; ho voglia di conoscere gente nuova, riesco anche a fermare la gente per strada per chiedere informazioni e indugiare magari a conversare. Mi sembra di aver finalmente ricominciato a vivere.
Ieri sono stata con mio marito a pranzare in un ristorante sul mare ( e il mare era quasi in tempesta)
Non solo non ho avuto paura , ma ho provato la piacevolissima sensazione di sentirmi parte integrante della natura.
Ho camminato sotto la pioggia, mi sono bagnata i capelli: è stato bellissimo!
E le paure incombono
Come banchi di nubi
Sul mio cuore.
Ad ogni lampo
Rintronano le nenie
Minacciose e imploranti
Di mia nonna:
le sue fobie di allora
sono le mie di ora!
Grandine e pioggia
Si abbattono impietose su di me
Che rannicchiata attendo,
trepida e timorosa,
che il cielo si rischiari.
E al primo raggio di sole
Spalanco le finestre in un sorriso.
Quando scrissi questa poesia, alcuni anni or sono,ero ancora pervasa da ogni genere di fobie: brontofobia ( paura del temporale), agorafobia ( paura degli spazi aperti),
fobia sociale ( paura della gente ), ecc.
Poi, non so come, quasi improvvisamente, le mie fobie sono scomparse.
Certo, quando un violento temporale mi coglie per strada o in viaggio, faccio di tutto per mettermi al riparo, specialmente in posti dove c'è la gente.
Ecco, non ho più paura della gente, anzi , la cerco; ho voglia di conoscere gente nuova, riesco anche a fermare la gente per strada per chiedere informazioni e indugiare magari a conversare. Mi sembra di aver finalmente ricominciato a vivere.
Ieri sono stata con mio marito a pranzare in un ristorante sul mare ( e il mare era quasi in tempesta)
Non solo non ho avuto paura , ma ho provato la piacevolissima sensazione di sentirmi parte integrante della natura.
Ho camminato sotto la pioggia, mi sono bagnata i capelli: è stato bellissimo!
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