venerdì 3 giugno 2022

GIÙ PER IL SENTIERO DELLE VIOLETTE

Era alto e magro, quasi ossuto, ma con il viso sempre sorridente, quando veniva a trovarmi il pomeriggio alle 5 per portarmi la brioscina e farmi così fare una piacevole pausa dai compiti. 

A volte mi raccontava, a mo' di favola, qualche sua esperienza di guerra nelle retrovie del fronte orientale ai confini con l'Austria Ungheria. 

Faceva il messaggero portando missive con la bicicletta da un punto all'altro delle retrovie. 

Finita la guerra, superò poco dopo un concorso per le ferrovie dello stato e fu assunto come macchinista nella tratta Dittaino Piazza Armerina. 

Aveva frequentato la scuola fino alla sesta elementare ed era quindi in grado di scrivere e parlare correttamente. Memorabili i suoi racconti di storia vissuta ma che non collimavano molto con quello che io leggevo nei libri, per cui gli dicevo : " Ma nonno, non è così la storia, la maestra me l'ha detta in un altro modo". Comunque questi discorsi servivano da stimolo affinché io studiassi con sempre più passione. Bisogna dire che era stato proprio lui ad avviarmi ai primi rudimenti della scrittura quando, sopra il bancone del tabacchino che aveva acquistato dopo che aveva anticipato il pensionamento dalla ferrovia, mi insegnava le parole crociate di cui era appassionato esecutore o quando mi sfogliava le pagine della Domenica del Corriere insegnandomi a leggere prima che io frequentassi la scuola. 

Certe mattine di aprile, nelle belle giornate di primavera, mi portava per mano a scoprire le violette. 

Ci incamminavamo, sempre chiacchierando, giù per la strada che conduceva a Piazza Armerina finché, oltrepassate le cosiddette "grotte di Baldassarre", che in realtà sono delle tombe preistoriche (ma lui non lo sapeva), giungevamo al ponticello e da lì imboccavamo il sentiero delle violette che in realtà era una stradina sterrata che costeggiava la Sciumaredda, un torrente limpido che con la sua umidità consentiva una lussureggiante vegetazione tutt'intorno, e lì ci fermavano a cercare, fra le foglie che ricoprivano la scarpata sulla destra, le violette selvatiche che solo in quel punto pare sbocciassero. Non era facile farne un mazzolino da portare alla mamma o alla nonna, ma intanto eravamo felici di averle trovate. 

5 commenti:

Romina ha detto...

Sono bellissimi ricordi, che diventano sempre più intensi a mano a mano che gli anni passano e perdiamo le persone più care.
Anch'io, da bambina, andavo a cercare le violette. Le amavo molto perché segnavano il ritorno della primavera e i parchi cittadini ne erano pieni.
Ciao, Paola.

Paola D. ha detto...

Scusa, non ho capito qual è la tua città

Anonimo ha detto...

Vivo a Modena, Paola.

Romina ha detto...

Mi scuso per l'anonimo, ma non sono abituata alla piattaforma blogger.

Paola D. ha detto...

Eppure è da tanto che ci stai